Ricorre  la  regione  autonoma  Valle  d'Aosta, in persona dell'on.
 presidente della giunta  regionale,  sig.  Dino  Vierin,  debitamente
 autorizzato  in  forza di delibera della giunta regionale n. 5330 del
 30 giugno  1995,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  prof.  Gustavo
 Romanelli,  e  presso  di lui elettivamente domiciliato in Roma, alla
 via Cosseria n. 5,  in  forza  di  procura  per  atto  notar  Ottavio
 Bastrenta  di  Aosta  del  30  giugno  1995,  rep.  16208  contro  la
 Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,  in   persona   dell'on.le
 Presidente  del  Consiglio  pro-tempore, domiciliato per la carica in
 Roma, Palazzo  Chigi,  nonche'  presso  l'avvocatura  generale  dello
 Stato, via dei Portoghesi n. 12 per la declaratoria di illegittimita'
 costituzionale  della  legge  2  giugno  1995  n. 216 (conversione in
 legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 aprile  1995,  n.  101,
 recante  norme  urgenti  in  materia  di lavori pubblici), pubblicata
 sulla Gazzetta Ufficiale, serie generale,  parte  I,  n.  127  del  2
 giugno 1995.
                               IN FATTO
    Il decreto-legge 3 aprile 1995, n. 101 e' intervenuto ad integrare
 e  modificare  la  legge  11  febbraio  1994, n. 109 (legge quadro in
 materia di lavori pubblici), nella quale si erano dovuti a suo  tempo
 registrare  vari  profili  di  illegittimita'  costituzionale  per la
 violazione dell'art. 116 Cost. e dei  principi  dello  statuto  della
 regione   autonoma  della  Valle  d'Aosta  (legge  costituzionale  26
 febbraio 1948, n. 4), ed in particolare dei suoi artt. 2, 4, 43 e 46,
 profili di illegittimita' che la ricorrente  regione  autonoma  Valle
 d'Aosta  ha  provveduto  a  far valere con altro ricorso, attualmente
 pendenti avanti  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  (ricorso  n.
 39/94).
    Il  decreto-legge n. 101 del 1995 e' stato convertito, a sua volta
 con modifiche, della legge 2 giugno 1995, n. 216.  Fra  le  modifiche
 introdotte dalla legge di conversione nel decreto-legge n. 216, se ne
 riviene  una,  che,  novellando l'art. 7 della legge n. 109 del 1994,
 inserisce  un  art.  4-   bis   nel   decreto,   norma   che   incide
 illegittimamente  sulla  sfera  di autonomia della ricorrente regione
 autonoma Valle d'Aosta.
    In particolare, il  primo  comma  dell'art.  4-  bis  del  decreto
 sostituisce il comma 1 del citato art. 7 della legge n. 109 del 1994,
 nei  termini  di  seguito  riportati:  "I soggetti di cui all'art. 2,
 comma 2, lett. a) nominano, ai sensi della legge 7  agosto  1990,  n.
 241, e successive modificazioni, nell'ambito del proprio organico, un
 coordinatore  unico delle fasi di formazione del programma dei lavori
 pubblici da eseguire nel  triennio  di  attuazione  degli  interventi
 oggetto  del  programma  stesso,  nonche'  un  responsabile unico del
 procedimento di attuazione di ogni singolo  intervento  per  le  fasi
 della   progettazione,   dell'affidamento   e  dell'esecuzione  dello
 stesso".
                              IN DIRITTO
    1. - Occorre premettere che dal tenore dell'art. 2, comma 2, lett.
 a), della legge  n.  109  del  1994,  richiamato  dalla  disposizione
 oggetto   del  presente  ricorso,  sembra  doversi  ritenere  che  il
 legislatore statale abbia inteso vincolare anche le regioni autonome,
 ivi compresa la ricorrente regione autonoma Valle d'Aosta.
    Cio' premesso si constata che la norma in esame viene  chiaramente
 ad  incidere  sulla  materia dei lavori pubblici, che appartiene alla
 competenza normativa primaria  della  regione  ricorrente,  ai  sensi
 dell'art. 2, lett. f) dello Statuto di autonomia speciale.
    Inoltre  la  normativa in questione viene ad aggravare l'invasione
 della sfera di autonomia regionale che il testo originario  dell'art.
 7  della  legge  n.  109  del  1994  gia' operava sulle competenze in
 materie amministrative che alla Regione spettano in via esclusiva  in
 base  all'art.  4  dello  stesso  statuto  regionale,  comprimendo la
 potesta' regionale di organizzazione degli uffici regionali,  di  cui
 all'art. 2.
    Infatti,  il  testo  originario dell'art. 7 della legge n. 109 del
 1994 gia' incideva sulle competenze  in  materia  amministrativa  che
 alla  Regione  spettano  in  via  esclusiva  in base all'art. 4 dello
 stesso  statuto  regionale,  comprimendo  la  potesta'  regionale  di
 organizzazione degli uffici regionali, di cui all'art. 2 dello stesso
 statuto.  Infatti, il testo originario dell'art. 7 della legge n. 109
 del 1994 (oggetto di specifica doglianza avanti codesta ecc.ma  Corte
 con  il  menzionato ricorso n. 39/94) prevedeva la nomina di un unico
 responsabile del procedimento per le fasi  della  programmazione  del
 lavoro,  della  progettazione, dell'affidamento e dell'esecuzione dei
 medesimi.
    Come si e' evidenziato in narrativa, il testo novellato  dell'art.
 7  della  legge  109, come recato dalla legge impugnata, introduce un
 quid pluris, prevedendo altresi' la nomina di un  coordinatore  unico
 delle  fasi  di  formazione  del  programma  dei  lavori  pubblici da
 eseguire  nel  triennio  e  di  attuazione  degli  interventi.   Tale
 previsione  esula  dai limiti della mera funzione amministrativa e, a
 maggior ragione, dai limiti insiti nella legge n.  241  del  1990  da
 essa  richiamata.  Essa finisce per imporre alla regione una forma di
 organizzazione della sua attivita', che incide anche sulle  decisioni
 politiche  della  regione  stessa  e  limita  fortemente  l'autonomia
 regionale.
    Il tutto si colloca in un quadro normativo (segnato in particolare
 gia' dalle altre disposizioni della legge n. 109  del  1994,  oggetto
 della   precedente   impugnazione),  che,  dal  punto  di  vista  del
 contenuto, non si  limita  a  vincolare  con  norme  fondamentali  il
 legislatore  regionale,  ma  finisce con l'eliminare qualsiasi spazio
 alla normativa (e quindi alla stessa autonomia) regionale.
    E'  da  aggiungere  che  il  margine  di  autonomia  normativa  ed
 amministrativa   della   Regione  ricorrente  in  materia  di  lavori
 pubblici, quale garantitole dallo statuto,  e'  destinato  ad  essere
 ulteriormente   compromesso  dall'emando  regolamento  delegificante,
 previsto dall'art. 3 della disciplina impugnata, regolamento chiamato
 a definire in maniera ancora piu' dettagliata la materia  dei  lavori
 pubblici,  di  guisa che al potere normativo della regione ricorrente
 viene lasciato un margine sostanzialmente inesistente e  praticamente
 ridotto alla sola emanazione di leggi di spesa.